Addio, torno domani.

Rio mi lascia cosí come mi ha accolto: grigia, un po’ antipatica, sorprendentemente fresca (e parlo del clima).
È lei a lasciarmi? O la lascio io?
Sono triste mentre chiudo la valigia, come quando uno va via di casa per motivi che vanno oltre la propria discrezione, motivi necessari eppure inspiegabilmente crudeli.
Vivo male i distacchi, odio gli addii, non vado matto per gli arrivederci, ho bisogno di tempo, tanto, per elaborare le perdite.
Per questo sono triste, lasciando questa città, questo luogo incantato.
Rio è stata una scoperta, uno di quei regalo che ricevi con aspettative altissime…e tutti sappiamo quanto è difficile confermarle, le aspettative. Questa città fa eccezione. Ha una fama che la precede, racconti che fanno il giro del mondo e raggiungono anche chi non ha nemmeno mai pensato di andarci.

Come fa una città ad essere tutto questo?
Arrivo a Rio, ricevo questo regalo, lo scarto con un po’ di apprensione, ho paura. E se ne restassi deluso? Troppe volte è successo, la mia fantasia è la mia migliore amica e anche la maggior fonte di delusioni della mia vita.
Sono uno scrittore, è cosí. O solo un sognatore, che poi è lo stesso.

Queste nuvole grigie non mi piacciono, tetto piatto su una città che non conosce linee regolari. Due giorni e vanno via. Le odio, scappano. Tornate tra qualche giorno!

E gli occhi si riempiono di meraviglia, a volte mi soffermo a pensare, per essere sicuro che io stia assimilando tutto, di non essere il solito osservatore distratto, immerso fisicamente nella realtà e con occhi, testa e cuore da un’altra parte.
Peró, mi accorgo che è impossibile. Non c’è un’altra dimensione, dove io e la mia parte più evanescente possiamo andarci a rifugiare. Rio è tutto, è ogni dimensione, tutte le realtà immaginabili messe assieme, tutte le espressioni di gioia del mondo condensate tra i chilometri di spiaggia, le isole da una parte e le montagne dall’altra.
Ho i brividi ad ogni tramonto; forse è il freddo, ma quella luce incredibile che esplode nel cielo e mi avvolge? Quell’orgasmo cromatico che si sparge nel cielo, sopra la mia testa, e fa pace con la riluttanza del mio animo?
É sicuramente a causa di questo. Ho i brividi e mi scopro. Mi sconvolgo. Assimilo.
Elaboro una perdita. Forse due. Ho intravisto il Paradiso ed un paio dei suoi abitanti. Mi commuovo ma non piango. Mi piego e guardo all’insú. Mi capisco.
Il sole scende dietro le montagne, va a letto, va a sedurre altre terre, a far l’amore con altri occhi. Addio, torna domani. Mi bacerai ancora?

Cose che ho perso e poi ritrovato. Dov’erano? O meglio, dov’ero io? Ho trovato tutto a Rio de Janeiro. I fiori dei tempi andati, storie e volti che pensavo di aver dimenticato troppo in fretta, rughe d’affetto, mani andate e parole mai schiuse.
Uno, due, tre tramonti. Sette albe. Migliaia di persone. Miliardi di immagini, e qualche certezza in piú.

Basta, é tempo di andare. Addio, torno domani. Anzi no. Peró torno. Quante cose ancora tieni nascoste per me?
Scarteró tanti regali, resteró deluso ancora troppe volte, ma non potró mai dimenticare quella volta in cui mi hai baciato, di luce, ed io per poco non ho pianto.

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